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“Parlare è una necessità, ascoltare è un'arte” (Goethe)

“Nessuna notte è così lunga da impedire al sole di risorgere”
Y. Mishima

Comunemente si pensa all’ascolto come a un momento nel processo di comunicazione di tipo passivo, naturale e quindi facile.

Per ascoltare non bisogna “fare” niente, solo stare a sentire. Il grande limite dell’ascolto spontaneo è la tendenza di chi ascolta a pensare subito a cosa rispondere, invece di accogliere fino in fondo ciò che l’altro dice.

Concezione tradizionale dell’ascolto

“Mi piace come ascolti, fai venire voglia di parlare” Gianrico Carofiglio

La naturale capacità di ascolto che tutti possediamo può essere sviluppata e migliorata per passare ad un ascolto attivo, in cui il ricevente, appunto si attiva per:

  • capire veramente che cosa vuol comunicare l’interlocutore;
  • capire lo scopo della comunicazione;
  • evitare interpretazioni soggettive del messaggio;
  • far capire di aver capito attraverso il feedback

Come si nota, nell’ascolto attivo, che è una delle tecniche dell’assertività, entra in gioco per chi riceve il messaggio la capacità e, direi, lo sforzo di capire veramente l’interlocutore, riuscendo ad ascoltarne i contenuti, dando un significato anche alla comunicazione non verbale. Per arrivare a questo l’ascoltatore deve evitare alcuni comportamenti: non guardare negli occhi chi parla, essere indaffarato e distratto, fare troppe domande, usare un linguaggio aggressivo. Tali comportamenti ed altri simili, infatti, sono tipici del “non ascolto”.

Alcune parole sul feedback. L’emittente e il ricevente devono essere in interazione fra loro. Se chi riceve un messaggio si comporta in modo da favorire il proseguimento della discussione, la comunicazione è più efficace. Un ostacolo a ciò è, invece, la tendenza a giudicare il messaggio ricevuto.

L’ascolto attivo si fonda su tre punti:

  • manifestazione dell’interesse, evitando di distrarsi, non interrompendo, guardando negli occhi;
  • richieste mirate, che, pur interrompendo brevemente l’interlocutore, lo incoragginoa proseguire;
  • espressioni d’intesa, con locuzioni tipo: “quindi, se non ho capito male…”, oppure “mi sembra di aver capite che…” ecc.
Ascolto attivo

In tal modo l’ascolto diventa empatico (si entra in sintonia con l’altro), reattivo (con feedback che incoraggiano l’altro), selettivo (con l’individuazione degli argomenti su cui concentrare la comunicazione).

 


Dott.ssa Irina Boscagli
Psicologa Psicoterapeuta a Firenze

Dott.ssa Irina Boscagli

Psicologa Psicoterapeuta a Firenze
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