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Pandemia

I medici di medicina generale e i loro bisogni: una prospettiva dall’interno utile anche per chi è esterno

Coronavirus bisogni dei medici

Mai come ora il bisogno di sostegno psicologico da parte di medici di medicina generale è intenso, per motivazioni legate alla situazione pandemica che come professionisti sono chiamati ad affrontare. 
Diversi sono i piani che devono gestire, ognuno di essi complesso e variegato: dagli aspetti tecnico-burocratici, a quelli strettamente medici, a quelli emotivo-relazionali.

Lamentano difficoltà metodologiche legate alle leggi, alle disposizioni, ai protocolli, che richiedono tempo per essere letti, capiti e fatti propri, cosa che quando avviene, è già tardi perché è arrivata una nuova legge, una nuova disposizione e un nuovo protocollo che soppiantano i precedenti. E questo genera ansia, quella di non essere mai al passo, di non sentirsi adeguati. 
La quotidianità è intrisa di telefonate, mail, messaggi il cui numero è fuori controllo così da terminare di rispondere a tarda sera.

C’è chi avverte una sorta di spersonalizzazione nell’avere tantissimi contatti non in presenza con i pazienti: poche visite e tanta tecnologia (“cerca il risultato del tampone, comunicalo, fai certificati, sistema i familiari, dai consigli”). Ore davanti ad uno schermo che rende la comunicazione complicata: in assenza della persona davanti i casi vengono gestiti senza visitare la maggior parte delle volte. 

Nei loro confronti c'è anche dell'ostilita': magari si dà la colpa al medico se un tampone che dice di aver chiesto a domicilio non arriva o tarda troppo il risultato.  Questo è un sentimento negativo, legittimo per chi lo prova, ma pesante da sentirsi addosso. 

Poi ci sono le situazioni estreme: vengono persi assistiti senza rivederli. E anche i parenti, che non possono accompagnare i propri cari e salutarli, spesso sono persone a loro volta assistite dagli stessi medici. Quindi, tutta la famiglia è coinvolta per l’infezione o per l’isolamento e anche questa è una condizione anomala, mai vissuta in precedenza che ricade sullo stesso singolo medico. 

Un altro aspetto difficile da affrontare e gestire è a casa con i propri familiari: i medici hanno meno tempo, sono più assenti anche psicologicamente, più irritabili, e si accorgono che i conviventi, a volte anche bambini, sentono il loro disagio e se ne preoccupano.
Ma il “guaritore ferito” quando avverte che il suo disagio ricade su persone a cui vuole bene, non si legittima rispetto ad esso ed è lì che nascono sensi di colpa, e paura di nuocere agli altri. 
Chi si prende cura, allora, del “guaritore ferito?”...

Occorrerebbe togliere l'ordinario per gestire meglio la situazione attuale, ma non si può e...”sento che mi manca il tempo per riposare la mente, mi sembra di essere sempre a rincorrere”. 

Ecco che il cosiddetto burnout i medici adesso lo sentono addosso, e sembra loro, legittimamente, di avere meno risorse per affrontarlo. 

Certo, giungono anche attestati di stima e ringraziamento da parte di persone per le quali non è stato fatto nulla di speciale e ovviamente questo fa piacere, gratifica, ma ciò contribuisce a sentire che quello che viene fatto di buono è una briciola in un mare magnum e che tanto contano gli aspetti relazionali. Anche solo poter offrire una parola di conforto ai parenti di una persona in condizioni critiche o che non ce l’ha fatta. 

In tutto ciò, quindi, c’è chi è alla ricerca di nuove competenze, chi sente che è il momento giusto per confrontarsi con i colleghi (gruppi Balint), per condividere e scambiarsi preziose testimonianze sulle reciproche scelte professionali e comportamentali. E c’è chi sperimenta che anche soltanto stare ad ascoltare gli altri è fonte di nutrimento, di energia nuova che può essere messa in circolo, e quando ce n’è poca, averne a disposizione anche solo un po’ di più, può fare la differenza. 

In conclusione, è un momento difficile che mette alla prova tutti. I più deboli, senza dubbio, sono gli ammalati e i loro familiari in attesa, ma nessun operatore, tanto meno il medico di base, è fuori dal vortice che stritola tutti. L'unico invito ragionevole può essere: fiducia e pazienza.



Dott.ssa Irina Boscagli
Psicologa Psicoterapeuta a Firenze

Dott.ssa Irina Boscagli

Psicologa Psicoterapeuta a Firenze
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