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IL CORPO È UN CANTASTORIE...il ruolo del corpo nella relazione di aiuto

Il corpo sussurra in continuazione, e, quando ne ascolti il mormorio, percepisci la verità.
Gaston Bachelard

Il corpo è un registratore di storie che dichiara se stesso e la propria storia a chiunque presti sufficiente attenzione”. Luciano Marchino, analista bioenergetico, scrive queste affascinanti parole nel suo libro “Risvegliare l’energia”. Molti autori (basti pensare agli studi di Reich e di Lowen) hanno portato avanti ciò che ben scrisse Antonio R. Damasio negli anni Novanta nel famoso testo “L’errore di Cartesio”, il quale, mettendo in luce l’interazione costante tra emozioni, ragione e cervello negli esseri umani, confutò la ratio cartesiana, secondo cui mente e corpo sono entità separate e non interconnesse. Sulla base della visione del filosofo settecentesco si sono sviluppate le scienze moderne, ed è stato possibile, per es., giungere a livelli di specializzazione elevatissimi in medicina, trattando il corpo un po’ come una macchina. Quindi, non si tratta di togliere alcun merito alla visione cartesiana e agli sviluppi scientifici che ha permesso, significa, invece, considerare che il corpo, la mente e il mondo emotivo “si parlano” continuamente e si influenzano reciprocamente.

Pertanto, in questa nuova ottica, che potremmo definire olistica, non si può prescindere dalla considerazione che noi prima di tutto siamo corpi! E “il corpo dichiara, al primo sguardo, la profondità della propria storia”, basti pensare all’immediatezza con cui siamo in grado di identificare, seppur in linea di massima, l’età delle persone. Ma oltre al trascorrere del tempo, il corpo ci permette di leggere i segni lasciati da varie tipologie di eventi traumatici, sia per il corpo stesso, sia per la psiche, come per esempio, interventi chirurgici, incidenti, gravidanze, malattie, abitudini di vita. Un altro significativo esempio di come la storia delle persone venga raccontata dai corpi è quello delle cosiddette rughe di espressione, che si manifestano sul volto e che col passare del tempo si fanno sempre più marcate. Esse dicono qualcosa di assolutamente autentico, di non voluto o controllato. “Narrano storie di sorrisi forzati come certi grappoli di rughe sottili attorno agli occhi, oppure di preoccupazioni e di interrogativi privi di risposta (“Perché? Come fare?”) come certe linee perpendicolari e profonde tra le arcate sopraciliari, o ancora di amarezza e disgusto, iscritti in due profonde rughe ai lati delle labbra”.

Ogni segno iscritto sul corpo riconduce ad eventi vissuti traumaticamente o vissuti abbastanza a lungo da imprimersi in modo permanente, contenendo aspetti cognitivi, emotivi e corporei indissolubilmente intersecati. E come sappiamo, l’unica possibilità per cancellare o ridurre le rughe d’espressione è congelare, immobilizzare la parte interessata con sostanze tossiche come il botulino…l’unico modo per cancellare i segni che il tempo iscrive sul nostro corpo (vita vissuta), è sopprimere la vita presente! Ma non sono da trascurare anche altre tracce iscritte nei corpi, che indicano l’etnia di provenienza, lo status socio-economico e che offrono informazioni significative sulla condizione psicofisica delle persone.attuale e passata.

Fu W. Reich negli anni Trenta a studiare le interazioni tra i processi cognitivi, emotivi, gli stati corporei e le implicazioni neuronali ed energetiche, e si ritrovò a coinvolgere direttamente il corpo nel processo di autoconoscenza. Iniziò a proporre ai suoi pazienti semplici cambiamenti dei loro atteggiamenti posturali e respiratori, ottenendo risposte immediate e spesso significative, giungendo alla conclusione che se il solo e semplice cambiamento della respirazione (da toracica ad addominale) o lo scioglimento di una tensione muscolare, per esempio a livello del collo e delle spalle, portano all’emergere dei ricordi rimossi…

“allora non è solo il cervello a ricordare!
allora la mente non si può immaginare solo interna alla scatola cranica!
allora la mente deve essere intesa come estesa al corpo!
allora la mente è corpo!”

Quindi, come dice bene Marchino, “il corpo non è una metafora, è la realtà più concreta della nostra vita, della vita che noi siamo. Quando moriamo è il corpo a morire, quando ci ammaliamo (anche dal punto di vista emozionale e relazionale) è il corpo che si ammala. Quando sappiamo veramente qualcosa allora è sempre il corpo che sa.”

Ed io sono d’accordo con Marchino nel dire che l’arte della terapia non sta nel fornire risposte, ma sta nel porre le giuste domande, in quanto "la natura risponde in base a come la si interroga" (come dice Patrizia Stefanini, fisico, direttrice dell'Istituto Europeo di Shiatsu): domande che aprono alla riflessione su nuovi modi di conoscere se stessi e il mondo. Infatti, il presupposto non è quello che il terapeuta conosce le giuste risposte, ma è quello dell’esistenza dell’innato potere di trasformazione di ogni essere vivente, che si muove verso l’autoguarigione. Dato questo presupposto, è opportuno rivolgersi al corpo, di cui la mente è parte, ma non tutto, perché "il corpo nella sua globalità, ricorda, anche quando la mente dimentica". Il corpo manifesta autenticamente, a chi lo sa leggere e ascoltare, le proprie potenzialità, e dalla relazione tra corpo e mondo nel periodo evolutivo, conseguiranno le modalità di stare al mondo, sia dal punto di vista cognitivo, sia da quello emotivo, dell’individuo, come essere “non diviso”. Ma quell' armatura carattero-muscolare di cui ha parlato Reich si può elaborare e risolvere in modalità maggiormente adattive alla vita adulta rispetto alla versione sviluppata nell’infanzia.

“Il passato è lì, sotto gli occhi di tutti, è iscritto in modo ben visibile nel corpo di ciascuno e reclama, nel suo farsi disagio, di riprendere l’evoluzione interrotta che è il suo unico vero fine nel passaggio in questa vita”.


Dott.ssa Irina Boscagli
Psicologa Psicoterapeuta a Firenze

Dott.ssa Irina Boscagli

Psicologa Psicoterapeuta a Firenze
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